Il Buono della Finanza Islamica – I SUKUK

Si è oramai portati a vedere il mondo islamico con diffidenza.

Spesso facendo di tutta un’erba un fascio. Trascurando invece quanto c’è di buono anche in questo mondo.

Siamo portati a sottovalutare il sistema finanziario islamico elevando ad infallibile il nostro. Quello occidentale. Spesso incuranti dei crack e delle bolle che questo ci ha riservato. Che ci ha abituati a vedere aziende ed artigiani falliti o messi in mezzo alla strada per mano delle banche. Che ci ha abituati a vedere banche salvate con il denaro pubblico facendoci credere che questa sia la normalità.

Per secoli abbiamo attinto cose buone dal mondo arabo.

La Chirurgia. La Matematica e tante altre cose. Certo come per tutte le civiltà non tutto è stato positivo. Ma chi è che può dire d’avere una storia tutta giusta e limpida?

Non voglio giudicare nessuno con questo articolo, voglio solo analizzare un aspetto che mi compete. Quello Finanziario.

Studiandolo ho scoperto cose di enorme interesse.

Ho scoperto il grande e potenziale contributo che potrebbe dare al concetto di finanza reale.

Quante volte si sente parlare di finanza reale, ossia di finanza fatta per finanziare ed aiutare l imprese, dalle piccole alle grani, le famiglie.

Ebbene vi invito a leggere e riflettere su un aspetto di questa finanza che tutto è tranne che contro. Anzi molto pro, molto a favore del fare e mai dello speculare.

Voglio raccontarvi dei  SUKUK.

Il SUKUK è uno strumento esclusivamente in uso alla finanza islamica. Tuttavia è uno degli strumenti finanziari più diffusi al mondo ed in constante crescita. Il vantaggio fondamentale di questo strumento è che è specificatamente concepito per finanziare progetti che insistono o comunque concernono principalmente territori mediorientali/africani (come diremmo noi progetti incentrati sul territorio).

Ho sempre, devo dire superficialmente, assimilato il SUKUK ad un Bond Islamico. Tuttavia se per obbligazione (o bond) si intende un titolo di debito il cui sottoscrittore ha diritto al rimborso da parte dell’emittente del capitale prestato, al quale vadano aggiunti degli interessi, appare quantomeno una forzatura definire, come sovente viene fatto, i sukuk come “bond islamici”.

Sukuk dovrebbe essere il plurale di sakk, che letteralmente significa “strumento”. Già quindi la traduzione letterale lascia comprendere l’abisso che li separa dai bond. Uno “Strumento” per fare. Non certo per fare cassa o per fare speculazione, ma per “fare” inteso per realizzare, per costruire, per creare qualcosa di nuovo.

Abisso che inizio a capire solamente adesso. Lo strumento è sempre strumento per fare qualcosa, un mezzo per raggiungere un fine. Ecco che quindi i SUKUK hanno un fine ben determinato, ben chiaro.

E i bond hanno un fine? Il fine dei bond è solitamente il reperimento di liquidità, ma cosa nello specifico l’emittente faccia con la liquidità ottenuta dai sottoscrittori spesso, non sempre, non è dato sapere e non è oggetto della sottoscrizione.

Va inoltre sottolineato che il prezzo (e il rendimento) di un bond è determinato da elementi quali la rischiosità, la scadenza, il tasso d’interesse pagato dall’emittente (o cedola) e il tasso d’interesse di mercato.

Nel caso dei SUKUK, dato il divieto coranico di riba (sovrappiù, interesse sul denaro prestato, usura) e di gharar (incertezza irragionevole) abbiamo praticamente già depennato i suddetti quattro elementi che determinano il prezzo delle obbligazioni convenzionali, inclusa la scadenza in quanto determinante non solo il prezzo ma anche l’entità dell’interesse.

I SUKUK, paragonabili più correttamente ad azioni asset-backed, sono obbligazioni (o prestiti di denaro) senza interesse, la cui emissione è finalizzata alla realizzazione di attività reali e i cui sottoscrittori sono proprietari di quote-parte. Detto altrimenti, sono certificati fiduciari rappresentanti quote-parte di uno o più assets, questi ultimi costituiti da determinati beni reali. Eccolo il fine dei sukuk. E’ un fine tangibile, determinato e strettamente connesso all’economia reale.

Chiunque investe, sottoscrive un sukuk, sa esattamente in cosa investe, che opera sta realizzando, la può verificare, vedere, controllare, accettare o rifiutare.

Faccio un esempio concreto per chiarire quella che secondo me è la differenza tra obbligazioni e sukuk.

Obbligazioni convenzionali:

“A” sottoscrive un’obbligazione con una banca

“B” che investe il denaro in vari ambiti finanziari ed eroga ad esempio finanziamenti, tra cui il mutuo a “C” per l’acquisto di una casa.

“C” è colui che acquista una casa e che rimborserà capitale ed interesse.

Quindi: “A” riceve interessi sul denaro prestato alla banca, “C” paga interessi sul denaro prestatogli dalla banca, “B” paga e riceve interessi.

 Sukuk:

“A” sottoscrive un’obbligazione con una banca “B” che compra la casa per “C”, ed è proprietario di una quota-parte di questa.“C” paga l’affitto alla banca finché non diventa proprietario della casa (la somma di tutte le mensilità di affitto che “C” deve pagare alla banca è superiore alla somma pagata dalla banca “B” per l’acquisto della casa, ma la differenza è una quota fissa a titolo di commissione e non un calcolo di interessi. “B” riceve l’affitto di “C”, trattiene una quota per sé e versa un’altra quota ad “A”.

Riassumendo: “A” non riceve interessi, “C” non paga interessi, “B” non paga e non riceve interessi.

Detto altrimenti: “C” ha avuto la sua casa, mentre “B” e “A” hanno avuto il loro guadagno investendo, con un basso fattore di rischio, in un bene reale, contrariamente a quanto accade nel contesto della finanza convenzionale.

Voi direte: e che differenza c’è? O interessi o profitto è sempre la stessa cosa.

NOSSIGNORE.

Se nel nostro sistema la Banca raccoglie fondi tramite una emissione obbligazionaria e presta questi soldi ad un artigiano per finanziare la propria azienda, o un proprio progetto, o l’acquisto di materia prima, o quant’altro e, per un qualsiasi motivo, anche assolutamente non legato alla sua volontà (una crisi di mercato, una crisi finanziaria, ecc) questi, comunque sia, dovrà rimborsare la banca che esigerà sino all’ultimo centesimo oltre penali, spese, danni ecc. Assolutamente incurante del perché questi non abbia rimborsato i fondi.
In Buona sostanza la banca è soggetto terzo. Slegato dalla gestione dei soldi prestati.

Se nel mondo SUKUN il progetto di un soggetto finanziato andrà male, la banca non percepirà il profitto, ma condividerà le perdite con lui in quanto la banca è parte integrante del progetto. Partecipa al progetto o all’azienda finanziata.

Questo perché nel mondo islamico è estremamente difficile che un soggetto finanziato accetti il disonore del non rimborso.

Certo la malafede cambia le cose.
Ma in buona fede la banca è parte integrante del progetto.
Anche questo fa parte del concetto di globalizzazione della finanza.
Di quella che dovrebbe essere una mentalità globale, allargata.
Anche questo dimostra che spesso bisognerebbe aprire gli occhi e guardarsi intorno. Senza la pretesa d’essere sempre maestri o giudici.
Spesso si può imparare da chi meno te lo aspetti.
Ma che giocava già con i numeri secoli prima di noi.

Grazie

Di Marcello Gianferotti

Edizioni Samizdat, Barcellona 05 Febbraio 2020